UN INCONTRO DI PROVINCIA CON ALBERTO MORAVIA
Era, mi sembra, una sera di fine agosto del 1989, e tutti noi, più noti e meno noti, dopo il premio letterario, avevamo sentito il bisogno di fare una passeggiata distensiva sull’incantevole lungomare di Tropea prima di andare a cena. Un pò stanchi , di quella stanchezza languida che sa portare ogni fine estate assieme a un vago sentore di uva passa , mettemmo infine piede nella hall dell’albergo : e fu lì che mi accorsi con la coda dell’occhio che Alberto Moravia , il famoso scrittore , abbandonando il bastone , si era lasciato pesantemente cadere su una sorta di sedia a dondolo che , sotto il suo peso , aveva cominciato ad oscillare pericolosamente . Mi precipitai subito e riuscii , con un ben assestato colpo di mano , ad arrestare la corsa impertinente della perfida seggiola.
Moravia mi guardò come solo lui sapeva fare , con uno sguardo penetrante , a metà tra il divertito e il triste , ed io , forse per darmi un contegno di fronte a quella situazione oggettivamente imbarazzante , gli chiesi a bruciapelo , con impudico candore , se la fama che lo circondava e il conseguente assedio dei mass media non finisse in definitiva per infastidirlo ( questo almeno fu il senso della mia domanda ) .
Ricordo ancora oggi , nonostante i tanti anni trascorsi , la paziente eppure distaccata risposta del grande scrittore che , con voce un po’ roca , mi confermò che sì , in effetti sentiva decisamente tutto il peso della notorietà , ma che ciò era oramai inevitabile e lui non poteva farci niente .
Avvertendo quasi un fondo di composta e rassegnata disperazione nelle parole di quello straordinario e umanissimo personaggio, credetti bene di autocongedarmi raggiungendo un gruppetto di amici che sedeva tranquillamente in disparte.